L’importanza del naming nel marketing non la scopriamo oggi…

…facciamo un passo indietro

Era il 1917 quando l’allora sovrano Giorgio V decise di cambiare il nome della casata da Sassonia-Coburgo-Gotha, un nome tedesco (il sovrano era mezzo tedesco e mezzo danese e aveva sposato una tedesca) a quello sicuramente più british di Windsor.

Eravamo in piena Prima Guerra Mondiale, gli aerei tedeschi chiamati Gotha (come il sovrano) avevano bombardato Londra uccidendo indiscriminatamente donne e bambini e il risentimento popolare stava montando anche verso la famiglia reale.

Giorgio V decise di togliere il bollo germanico dalla carta d’identità per paura di perdere la corona.

Allora quale cognome scegliere?

Tudor ricorda Enrico VIII. Stuart non è di buon auspicio, considerando che Carlo I era stato decapitato. Windsor, come il castello, è perfetto.

Un nome, un luogo che, fin dalle origini, era nel cuore e nella mente dei sudditi britannici.

Torniamo ai giorni nostri

Piccolo preambolo per rimarcare quanto un nome efficace possa essere fondamentale per la futura importanza del brand.

Parliamo di “naming” ovvero di tutte quelle attività necessarie per lo sviluppo di un nome efficace per un “brand” o una iniziativa.

Il nome deve risultare sì affine alla azienda, al prodotto ma, fondamentalmente deve:

  • rappresentarne i valori e marcare le differenze con la concorrenza;
  • essere originale (per quanto possibile) e coerente con la strategia;
  • derivare dallo studio del brand positioning, in quanto amplifica l’efficacia della strategia di marketing e ne supporta il vantaggio competitivo;
  • suscitare emozioni, perché l’emozione consolida il ricordo.

Bene, alla luce dei punti sommariamente elencati sopra, potremo apprezzare ancora di più l’abile azione di marketing ante litteram di Giorgio V.

Quindi…KEEP CALM AND CHOOSE A GOOD NAME!

 

W. Pennacchietti